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Il verde massiccio dei Nebrodi collocato tra il Vulcano Etna, i monti Peloritani, le Madonie ed il mar Tirreno, occupa la porzione centrale della catena montuosa settentrionale della Sicilia. Qui il paesaggio naturale si caratterizza per i fitti boschi, per i numerosi laghi, per la notevole ricchezza della fauna e per gli abbondanti pascoli di alta quota; dove sin dai tempi più remoti si è praticato l'allevamento del bestiame.

Il paesaggio agrario invece, è contraddistinto nella fascia costiera dalla coltura degli agrumi. Gli uliveti ed i noccioleti predominano invece nella fascia collinare, mentre nella fascia montana troviamo i seminativi.

La storia di questi luoghi trova testimonianza nei borghi medievali, tra i ruderi dei castelli (il castello normanno di Mistretta e quello svevo-aragonese a Montalbano-Elicona); nei cùbburi, piccole costruzioni rotonde in pietra a secco associate ad un recinto, anticamente utilizzati per il ricovero temporaneo dei pastori e degli animali e punto di riferimento per l'attività di caseificazione; tra le sculture marmoree del Gagini e le campane di bronzo di Tortorici.

In questo territorio, che comprende il parco naturale dei Nebrodi, da novembre a luglio si produce la Provola dei Nebrodi: formaggio a pasta filata ottenuto con latte vaccino crudo, utilizzando attrezzature tradizionali.

I primi riferimenti storici a questo tipo di formaggio risalgono al 1400 e si ritrovano nei calmieri per la vendita al minuto nei mercati delle principali città dell'Isola. Già allora la Provola era considerata un prodotto di pregio, tanto che in alcuni contratti di gabella, redatti fra il quattrocento e il seicento, lo troviamo elencato come uno dei generi da consegnare annualmente al gabellotto quale prezzo di affitto del fondo.

L'esercizio dell'agricoltura nel territorio dei Nebrodi è stato sempre assai difficile a causa di molteplici e concomitanti fattori negativi quali il clima freddo e le poche e inadeguate vie di comunicazione. Sin dai tempi remoti ha trovato invece adeguato sviluppo l'attività zootecnica, che ha potuto sfruttare gli estesi pascoli montani. Già all'inizio del 1800 Paolo Balsamo citava, ad esempio, la fiorente economia pastorale del comprensorio. Circa sessant'anni più tardi Salamone, ripercorrendo le sorti della zootecnia del territorio dei Nebrodi, confermava l'importanza di questa attività nell'800.

Il contesto produttivo interessato alla produzione della Provola dei Nebrodi conta 66.564 capi bovini - in prevalenza appartenenti alla razza Bruna che sta progressivamente sostituendo la Modicana - e 2.062 allevamenti di piccole dimensioni, come testimonia il basso numero di capi per azienda (32,2)18.

Nell'area di montagna prevale in genere l'ordinamento zootecnico specializzato, che utilizza il pascolo ed il sottobosco, mentre nell'area di collina è largamente diffuso l'ordinamento cerealicolo-zootecnico che utilizza le foraggiere avvicendate.

Alla disponibilità dei pascoli permanenti fa, tuttavia, riscontro un notevole sovraccarico di bestiame che genera, oltre al degradamento della cotica erbosa, anche gravissimi danni alle superfici boscate limitrofe. Molte imprese della zona in esame, non disponendo di una base aziendale capace di soddisfare le esigenze dell'allevamento, ricorrono all'affitto di terreni pascolativi e all'affitto di erbai. Nella zona è inoltre possibile utilizzare a pascolo terreni di proprietà demaniale.

I prodotti dell'allevamento sono rappresentati oltre che dalla Provola, dal pecorino, dalla ricotta e dalla produzione del vitello. La produzione annuale stimata della Provola dei Nebrodi, si attesta intorno alle 100 tonnellate. Le aziende che nella zona producono il formaggio secondo tradizione sono circa 10, anche se un numero imprecisato di caseifici ha fatto un uso improprio del termine "formaggio storico", commercializzando un prodotto dalle caratteristiche ben diverse da quelle della Provola tradizionale: si tratta infatti di una tipologia casearia prodotta utilizzando esclusivamente attrezzature in acciaio e latte trattato termicamente, proveniente prevalentemente da allevamenti ubicati nella provincia di Ragusa o addirittura impiegando semipreparati di importazione estera (tuma surgelata tedesca).

Allo scopo di scongiurare la diffusione dei prodotti di imitazione e promuovere la vera Provola, la Slow Food in collaborazione con le Unità Operative locali e l'Università di Catania, nel 2001, ha istituito il presidio della Provola dei Nebrodi. Il presidio si sta impegnando non solo per far conoscere la Provola dei Nebrodi ai consumatori di tutta Italia, ma anche per definire e migliorare le numerose varianti produttive della provola e per incentivare la produzione e quindi la commercializzazione della provola stagionata: il prodotto fresco infatti ha già un maggiore apprezzamento commerciale.

Un'altra iniziativa che muove i primi passi riguarda il Consorzio Terre dei Nebrodi, il quale si propone di operare su diverse linee: quella lattiero-casearia, che comprende la Provola dei Nebrodi ed il Maiorchino; quella zootecnica, della quale fa parte il Suino Nero dei Nebrodi, e quella turistica che collega l'offerta in tema di ristorazione e ospitalità su tutto il territorio dei Monti Nebrodi

La Provola dei Nebrodi ha le sue origini nella zona di Floresta e si è successivamente diffusa nelle aree limitrofe: Ucria, Montalbano, Elicona. Basicò, Patti, Tortorici, San Pietro Patti, Librizzi, Galati Mamertino, Alcara Li Fusi, Roccella, Valdemone, Tripi, Mirto, Longi, Castell'Umberto, S. Teodoro, Naso, Caronia, S.Fratello, Cesarò, Capizzi, Mistretta, Castel di Lucio, Tusa, Pettineo, S. Stefano di Camastra, Motta D'Affermo nella provincia di Messina e Randazzo nella provincia di Catania.

La caseificazione avviene una volta al giorno, aggiungendo al latte della sera quello munto al mattino. Il latte, che non subisce alcun trattamento termico, viene filtrato attraverso un telo o setaccio e versato in una tina di legno in cui viene aggiunto il caglio di agnello o di capretto, secondo un dosaggio basato sulla personale esperienza del casaro.

Dopo che la cagliata viene rotta con la rotula e portata alle dimensioni di un chicco di riso, la massa caseosa detta tuma si lascia sedimentare: la raccolta e coartazione dei grumi residui, ancora sparsi e separati dalla massa, viene coordinata manualmente, girando abilmente un bastone di legno chiamato manuvedda attorno alle pareti della tina. La tuma, così separata dal siero, viene tagliata in quattro pezzi con il tipico cuteddu da tuma, per agevolarne il prelievo dalla tina. Il siero invece viene separato dalla tuma con la cisca (secchio in legno) e versato nella quaddara (recipiente in rame stagnato che serve per la produzione della ricotta).

La tuma intanto viene posta a riposare sulla cannara (ripiano di canne) per favorirne lo spurgo. Dopo circa un'ora il casaro rimette il formaggio nella tina, coprendolo con la scotta calda residua dalla preparazione della ricotta contenente una certa quantità di siero inacidito.

Questa fase di acidificazione sotto scotta, ha una durata variabile, in funzione dei fattori ambientali e climatici. Successivamente la pasta acidificata, posta sul tavuleri, viene pressata in modo da unire i quattro pezzi. Tradizionalmente, la pasta così ottenuta, si appende, fino al giorno seguente, su un bastone di legno, in modo da favorire l'ulteriore spurgo.

Dopo circa 24 ore la tuma, tagliata a fette, viene posta nel piddiaturi (recipiente in legno di forma tronco-conica, alto circa 50 cm.) e ricoperta di scotta calda per favorirne la filatura. Le listarelle di tuma si lavorano con la manuvedda in modo da favorire la loro saldatura fino a formare un grosso gomitolo plastico che si farà stirare appendendolo a cavallo della manuvedda posta orizzontalmente sul piddiaturi.

La pasta filata stirata viene tagliata in porzioni corrispondenti ciascuna ad una provola, che in seguito saranno immerse nella scotta calda perché si ammorbidiscano ulteriormente. Ogni porzione di pasta viene modellata riunendo i lembi verso l'interno (accuppatina), così da conferirgli una forma sferica. Successivamente si preme nella parte media superiore, strozzando e sfilando verso l'alto con il palmo della mano, così da formare una specie di collo.

L'operazione manuale che i casari compiono per dare alla provola la caratteristica forma a pera è considerata una vera e propria arte. La provola così ottenuta viene bagnata con acqua fredda e immersa in una salamoia satura a temperatura ambienta.

Dopo la salatura le provole a coppie pennule, vengono legate con un filo di rafia ed appese a cavallo di una pertica e lasciate riposare in un luogo fresco e ventilato. La stagionatura ha una durata variabile da dieci giorni fino ad un mese per il prodotto fresco, di 3-4 mesi per il semistagionato ed oltre per lo stagionato.

La Provola dei Nebrodi è un formaggio a pasta filata dalla forma tipica, oblunga, a pera, sormontata da un breve collo con la testa arrotondata; il peso di ciascuna forma può variare da 1-1,5 kg per il prodotto fresco a 5-5kg per quello semistagionato o stagionato. Si presenta con una crosta sottile, liscia di colore crema tendente al paglierino, che diventa giallo-dorato a stagionatura avanzata.

La pasta è morbida e compatta di colore bianco-avorio, che con la stagionatura tende al giallo ambrato. Il profilo aromatico delicato con sentori di burro e di latte che con l'avanzare della stagionatura tende ad assumere gli odori dei locali di stagionatura. Il sapore dolce, leggermente acidulo, tende al piccante a stagionatura avanzata.

L'autentica Provola dei Nebrodi pesa dai tre ai quattro chili e può affrontare una lunga stagionatura che si può protrarre oltre l'anno. Nelle provole così stagionate la pasta caseosa inizia a fessurarsi, distaccandosi; tanto da meritare la definizione di Provola Sfoglia.

Nella zona dei Nebrodi è usanza apportare delle varianti alla produzione della provola: mettendo nell'anima della provola del burro oppure un limone verdello intero, che conferirà al prodotto stagionato il caratteristico profumo dell'agrume. Un altro particolare curioso riguarda la tradizione, che risale all'800, di destinare porzioni di tuma alla produzione dei caci figurati, provolette a forma di animali, specialmente cavalli, gallinelle e cerbiatti.

I luoghi

La provola dei Nebrodi

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