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I piatti della festa

«Palermo, 8 aprile 1787, domenica di Pasqua. L’esplosione di gioia per la resurrezione del Signore si è fatta sentire fin dall’alba: i petardi, le racchette, le bombe, i serpentelli, sparati davanti alla porta delle chiese, si contavano a carra, mentre i devoti affluivano per i battenti spalancati. Fra il suono delle campane e degli organi, le salmodie delle processioni e i cori dei preti chele precedevano, ce n’era abbastanza per frastornare gli orecchi di quanti non sono assuefatti a un modo così fragoroso di adorare Dio». Così scriveva Ghoete nel suo diario, con la domenica di Pasqua, infatti, si conclude trionfalmente, la Settimana Santa.

La Pasqua cristiana si riallaccia, etimologicamente, attraverso il latino pascha e il greco paskha, all’ebraico pesah, passaggio, che avrebbe a sua volta subito l’influsso del latino pascua, che significa ‘prati, pascoli’. La Pasqua assume significato presso gli ebrei che sogliono ricordare il “passaggio di Yahvé” per l’Egitto per colpire i primogeniti degli egiziani. La Pasqua cristiana nacque nei primi secoli del Cristianesimo a Gerusalemme per rivivere i fatti della Passione di Gesù Cristo. Più tardi arrivò in Occidente modificandosi nettamente con il passare dei secoli; della rievocazione originaria restano soltanto la “processione delle palme” e l’adorazione della Croce del Venerdì Santo.

La gastronomia rituale in Sicilia

La Pasqua in Sicilia: la Simana Santa

> La Pasqua in Sicilia
Per Pasqua il Ciciliu - For Easter the Ciciliu

Il legame con le uova

Se per gli ebrei, quindi, il passaggio di Yahvé rappresentò la liberazione dalla schiavitù, per il cristiano il sacrificio del Cristo rappresenta il paesaggio dallo stato di morte alla vita eterna. A elementi arcaici, secondo l’opinione degli studiosi delle religioni, connessi al risveglio della natura si sarebbe aggiunto il significato della resurrezione del Cristo. Non è un caso dunque che una volta la “Grande Domenica” pasquale si chiamava “Pasqua d’Uovo” perché si festeggiava regalando e mangiando uova sode colorate benedette in chiesa. L’uovo è simbolo di “nascita ”. «Omne vivum ex ovo» dicevano i latini, cioè ogni cosa che vive viene da un uovo. In Spagna, nella cattedrale di Burgos, ai piedi di un bel Crocifisso, sono sospese delle uova. Nelle tombe dei martiri a Roma, sono state trovate uova di marmo. Nel Cinquecento, dentro uova già impreziosite d’argento e oro, si nascondevano delle sorprese. Fece eco il cadeau che re Luigi XV, nel Settecento, offrì a Madame du Barry: all’interno dell’uovo riccamente decorato, c’era una statuina in oro di Cupido che scagliava la freccetta. Era uno che sapeva come trattare le donne. Fabergé, con le sue celeberrime, preziose uova, ci fece una fortuna. Oggi ci accontentiamo di quelle di cioccolato o di quelle sode incastonate nei pani cu' l'ova.
karfreitag (6)
Easter in Sicily
La gastronomia tipica di queste giornate deve tutto a reminescenze ebraiche: l’agnello, eccezionalmente il capretto, vengono consumati semplicemente cotti al forno con le patate e bagnati con il vino rosso, oppure come basi per altre ricette. Dalle numerose comunità ebraiche di Sicilia abbiamo tratto questa usanza gastronomica rituale, sottolineata anche dalla pecorella di pasta reale che per devozione si mangia a tavola per il pranzo pasquale. L’invenzione della pasta reale, cioè la trasformazione della mandorla attraverso lo zucchero, molto probabilmente, viene direttamente dal Medio Oriente, un’invenzione importata in Sicilia durante l’invasione araba. La ricetta come la conosciamo noi, fatta di mandorle dolci (famose quelle di Avola) pestate in una casseruola insieme a mandorle amare e allo zucchero e un po’ di cannella, secondo la tradizione, ci perviene dalle monache di clausura del Convento della Martorana.

Il pane, il simbolo della millenaria tradizione agricola siciliana, assume un ruolo preponderante nella tavola pasquale siciliana essendo considerato non solo una pietanza semplice, ma anche perché assume un ruolo votivo imprescindibile: i pani cu’ l’ova li ritroviamo in molti paesi dell’interno della Sicilia e sono dei pani di particolare lavorazione dalle forme varie, a Palermo è chiamato “pupu”, e si regala ai bambini che nel periodo della Quaresima, si sono astenuti dal consumo di dolciumi.

Nelle comunità ebraiche c’era pure un curioso dolce pasquale a forma di colomba, che finì con il simboleggiare sia il Cristo sia lo Spirito Santo. Cristo, infatti, è l’innocente colomba sacrificata per i nostri peccati; per quanto, invece, riguarda lo Spirito Santo bisogna rifarsi all’evangelista Giovanni che scrisse: «ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi sopra di lui». Dappertutto, infine, si chiudeva trionfalmente con la cassata che, soltanto a Pasqua, si trovava in pasticceria o si faceva in casa.

I piatti tipici

I riti

I riti che caraterizzano la settimana santa siciliana, sono talmente tanti e variegati che per descriverli conviene raggrupparli in funzione del giorno in cui avvengono.

Si parte dalla Domenica delle Palme:

In generale oltre alla benedizione delle palme si assiste a rappresentazioni dell'ingresso di gesù a Gerusalemme o della Passione. In particolare ricordiamo che:

A Caltanissetta cominciano i riti della Simana Santa con la Processione di Gesù Nazareno; per tutta la mattinata, nel cortile della biblioteca Scarabelli, si svolge l'infiorata della barca su cui è posta la statua del Cristo benedicente. Nel pomeriggio, ha inizio la processione composta da due file di bambini che reggono ramoscelli d'ulivo e palme, dai componenti dell'associazione "Gesù Nazareno" con i loro ceri e da due bande. Il corteo si conclude nella chiesa di Sant'Agata al Collegio, dove la barca infiorata, portata a spalla lungo la ripida scalinata del sagrato, si ritira, salutata da spettacolari fuochi d'artificio.
A Montedoro dal giorno delle Ceneri e per tutta la Quaresima (e in particolar modo durante la Settimana Santa), la sera per le strade del paese si può assistere ai Lamienti che narrano della Passione di Gesù attraverso testi ripresi da fonti liturgiche o dalle tradizioni dialettali. I lamienti vengono eseguiti in stile polivocale: la prima voce inizia il racconto dell'evento e il coro si aggiunge con una serie di accordi sovrapposti che danno vita a una struggente melodia
A Caltagirone La Passione viene messa in scena la Domenica delle Palme, con una cura particolare che si apprezza anche nei costumi degli oltre 100 personaggi. Si parte dal sagrato della Cattedrale per arrivare in cima alla Scalinata di Santa Maria del Monte, dove si tiene il momento più intenso, quello della crocifissione.
Ad Aidone abbiamo la processione dei Santoni, grandi statue alte circa tre metri raffiguranti i 12 apostoli, con la testa e le mani di cartapesta e cave all'interno. Le statue, differenziate tra loro da un diverso colore dell'abito, vengono indossate dai membri della Confraternita cittadina, che grazie alla particolare intelaiatura possono far muovere il Santone.
Ad Enna dalla Domenica delle Palme e fino alla tarda mattinata del Mercoledì Santo, le 15 confraternite, originariamente corporazioni delle arti e dei mestieri, partendo in processione dalla chiesa di appartenenza, si recano al Duomo per l'adorazione dell'Eucaristia, rito questo che gli ennesi chiamano l'ura.
A Caccamo si festeggia “U Signuruzzu a Cavaddu”: questa antica manifestazione rievoca l'ingresso di Gesù a Gerusalemme con una sfilata che ha come protagonista il Cristo, impersonato da un giovane chierichetto, che procede per le vie del centro storico in sella a un asino bardato e infiorato, in compagnia degli apostoli (anch'essi bambini e tutti vestiti di rosso) che portano lunghi rami di palme che, lungo il percorso, intrecciano per formare degli archi sotto cui passa il festeggiato. Il corteo, accompagnato dalla banda, si ferma in cinque chiese e conclude il suo viaggio nel piazzale antistante la Chiesa Madre, dove l'arciprete accoglie la folla con Gesù-chierichetto e inizia la celebrazione della messa durante la quale benedice le palme.

Il Lunedì Santo

A Caltanissetta, spesso, il lunedì, il martedì e poi la domenica è possibile assistere alle rappresentazioni della Scinnenza (da scinniri, scendere, per indicare la deposizione dalla croce), accurate messe in scena itineranti dei momenti salienti della Passione di Cristo: l'ultima cena, il processo, la crocifissione di Gesù e la resurrezione.

Il Martedì Santo

A Trapani si svolge la prima di due storiche processioni, le "Pietà": si tratta di due antichi quadri, la Madre Pietà dei Massari e la Madre Pietà del Popolo, che il Martedì e il Mercoledì Santo vengono portati in processione a spalla accompagnati dalle tristi note delle marce.

Il Mercoledì Santo

A Caltanissetta sfila il grande corteo della Real Maestranza, l'antica milizia costituita dai mastri (artigiani) a metà del 1500 per difendersi dai saraceni; perso il suo carattere militare all'inizio del 1800, la Real Maestranza continua a mantenere una rigida struttura gerarchica al cui apice c'è il Capitano, che durante la sfilata cui partecipano oltre 400 rappresentanti delle antiche corporazioni, riceve dal sindaco le chiavi della città. La sera, e fino a notte fonda, si svolge la Processione delle Varicedde, 19 gruppi scultorei raffiguranti episodi della Passione di Cristo, accompagnate da altrettante bande musicali. Dopo la processione, le Varicedde (16 delle quali fedeli riproduzioni in piccolo delle Vare del Giovedì Santo) vengono esposte al pubblico per il resto della settimana.
A San Fratello inizia la “Festa dei Giudei”: la festa, che risale probabilmente al Medioevo, si tiene dal Mercoledì al Venerdì Santo. In tale occasione molti cittadini indossano l'abito da giudeo, composto da una giacca rossa e gialla e da un cappuccio rosso. I giudei percorrono le strade della città facendo squillare le loro trombe, agitando catene e campanacci e schiamazzando allegramente con l'intento di distogliere l'attenzione dei fedeli dal dolore per la morte di Cristo.
A Ferla abbiamo la processione do Signuri a canna, durante la quale il Cristo viene portato a spalla dai giovani per le vie principali del paese

Il Giovedì Santo

Tradizionalemente, la sera di giovedì si gira per le chiese a visitare i sepurcri (i sepolcri).  Gli altari talvolta sono abbelliti con i laureddi. Queste erano pianticelle coltivate in maniera rituale a partire da metà Quaresima:
semi di frumento, orzo, scagliola, ceci o lenticchie si mettevano a coltura in piatti fondi, o in recipienti a forma di croce o di stella, su cui era stato disposto un letto di cotone o di stoppa, per favorire la germogliazione; l’impiego di semi diversi, quasi sempre disposti a cerchi concentrici, davano un aspetto variopinto e multiforme; l’annaffiamento abbondante, ogni paio di giorni, e il buio ne aiutavano la crescita rapida senza verificarsi la fotosintesi clorofilliana; la mattina del giovedì santo, tolto dal buio, lo si guarniva con un nastro smerlato di carta colorata e con delle briciole di stagnola per dare luminosità. L'usanza va ormai scomparendo anche se a Cammarata, in provincia di Agrigento, il venerdì santo ognuno andava a riprendersi il suo e lo buttava nei campi seminati a frumento, in segno di propiziazione per la prossima mietitura. Pratica conosciuta dagli esperti di folclore come "Giardino di Adone".

A Caltanissetta è il momento più sentito dei riti pasquali. Sin dal mattino, le Vare, poste in vari punti della città, vengono infiorate alla presenza di una banda musicale e di tanti curiosi. Nel tardo pomeriggio ogni gruppo statuario, seguito dalla propria banda, si muove alla volta di piazza Garibaldi, dove, in un accavallarsi di musiche, fumo di bengala e fuochi d'artificio ha inizio la processione. Tutte le vare si dispongono attorno alla Fontana del Tritone e da lì si muovono seguendo un itinerario che tocca le principali chiese del centro storico. Verso le cinque del mattino le vare tornano in piazza per disporsi nuovamente in cerchio attorno alla fontana. La processione si conclude con l'arrivo degli ultimi due gruppi: "l'Addolorata" che segue la vara della "Sacra Urna" per un ultimo saluto al Figlio. Dopo i giochi pirotecnici, le vare, sempre accompagnate da marce funebri, si separano disordinatamente per tornare nel deposito in cui sono custodite durante l'anno, dando luogo alla Spartenza (da spartiri, separare).

Il Venerdi santo

A Caltanissetta, venerdì pomeriggio, nello storico quartiere San Francesco, si svolge la processione del Cristo nero, un antichissimo crocifisso in ebano (chiamato anche "Signore della città" perché fino al 1625 fu patrono di Caltanissetta), che si narra venne ritrovato in una grotta da due fogliamari (antichi raccoglitori di erbe e verdure selvatiche). E sono proprio i Fogliamari (un gruppo chiuso di 96 discendenti diretti da chi praticava questo lavoro) che, a spalla e scalzi, portano in processione il crocifisso, bruciando incenso e intonando le lamentarne (o ladate), struggenti e cadenzate nenie che contribuiscono a creare un'atmosfera commovente tra i partecipanti.
A Mussomeli la spettacolare rievocazione della passione e crocifissione di Gesù inizia di mattina con la Processione della Addolorata: la bellissima statua della Madonna con il cuore trafitto da una spada parte dalla Chiesa di San Giovanni Battista e per quattro ore va alla ricerca del proprio figlio condannato in croce. Nel pomeriggio, dalla Chiesa Madre parte la Processione del Cristo al Calvario che arriva in piazza Umberto I, dove il simulacro di Gesù viene crocifisso. Dopo l'arrivo in piazza delle statue dell'Addolorata, di San Giovanni, della Veronica e della Maddalena, ha inizio la celebrazione della Passione in tutte le chiese del paese. Nel tardo pomeriggio giunge in piazza Umberto I la grandiosa e pregevole urna dalle pareti in vetro nella quale viene deposto il Cristo. Ha così inizio la Processione del Cristo morto, seguito dalle confraternite e da tutte le statue, che si conclude nella Chiesa Madre con la Sepoltura. Intorno alla mezzanotte, il ritorno dell'Addolorata alla Chiesa di San Giovanni conclude il Venerdì Santo.
A Caltagirone è il giorno della Processione del Cristo Morto e dell'Addolorata: un fitto corteo si snoda per i vicoli del centro, portando l'ottocentesca urna intagliata in legno di salice e vetro che contiene la statua lignea a grandezza naturale del Cristo morto. Il simulacro dell'Addolorata è invece una scultura ornata da uno stellario d'oro sul capo coperto da un velo di velluto nero e una spada che trafigge il cuore.
Ad Aidone Il Venerdì Santo ha luogo la processione del Cristo morto, preceduta dagli affollati riti pomeridiani nella Chiesa Madre che culminano con la deposizione dalla Croce. Il simulacro del Cristo viene posto nella grande urna di vetro illuminata e si dà inizio al frequentatissimo corteo notturno, accompagnato dalla statua dell'Addolorata, dai poetici lamenti delle confraternite e dalla banda musicale.
Ad Enna si svolge una suggestiva processione con più di duemila appartenenti a congregazioni incappucciati.
A Pietraperzia si svolge la processione de "Lu Signuri di li fasci": viene portata in processione una trave alta 8,50 metri, sormontata da un Cristo crocifisso, alla quale i fedeli annodano nastri lunghi 32 metri che servono a mantenerla in equilibrio durante il tragitto.
A Barcellona Pozzo di Gotto abbiamo due (!) processioni: il Comune fu istituito nel 1836 in seguito della fusione di Barcellona e Pozzo di Gotto, per questo, in occasione del Venerdì Santo, due distinte processioni partono dalla Chiesa di Gesù e Maria per Pozzo di Gotto e dalla Chiesa di San Giovanni per Barcellona. A caratterizzare le processioni sono le varette, che rappresentano con gran dovizia di particolari i Misteri della Via Crucis.
A Trapani si svolge una tra le più lunghe e antiche celebrazioni religiose italiane: la processione dei Misteri che si protrae infatti per quasi ventiquattr'ore, dalle 14 del Venerdì Santo sino all'indomani. Di origini spagnole, la manifestazione viene rappresentata da quasi 400 anni; ad organizzarla per la prima volta fu la Confraternita del Preziosissimo Sangue (poi unitasi a quella di San Michele Arcangelo) che successivamente affidò alle maestranze cittadine i "sacri gruppi", 20 raffigurazioni artistiche della passione e morte di Cristo (per l'esattezza 18 gruppi, più le due statue di Gesù Morto e di Maria Addolorata), custodite nella settecentesca Chiesa delle Anime Sante del Purgatorio. Le opere scultoree, realizzate da artigiani trapanesi del XVII e XVIII secolo, si ergono su una base di legno, la vara, fissate con un procedimento particolare che ne consente l'oscillazione "drammatica" durante il trasporto. La vara è appoggiata a sua volta su cavalletti in legno ricoperti di stoffa nera, la manta. I volti, le mani e i piedi sono scolpiti in legno e internamente sostenuti da ossature in sughero, sulle quali sono modellati gli abiti. Grazie a una tecnica tipicamente trapanese, in base alla quale la stoffa viene immersa in una mistura di colla e gesso, le pieghe degli abiti sono dotati di una dinamicità che conferisce loro grande naturalezza ed espressività. Le statue vengono addobbate con preziosi ornamenti argentei ed elaborate composizioni floreali e illuminate in modo da far risaltare la sofferenza nei tratti del volto. Ciascun Mistero è portato a spalla da non meno di dieci uomini, i massari, che imprimono al gruppo l'annacata, un movimento cadenzato dalle marce funebri suonate dalle bande. Alle 14 si apre lentamente il portone della chiesa, mentre rullano i tamburi appare il primo gonfalone, quello del Comune di Trapani, seguito da quello dell'Unione delle Maestranze. Non appena il corteo parte, da dentro la chiesa si sentono battere i colpi di ciaccula (strumento a percussione simile alle nacchere), cessano i tamburi e la banda intona la marcia funebre mentre i gruppi si avviano all'uscita. Una curiosità: fino al 2000 la processione era aperta dai membri della Confraternita di San Michele, gli incappucciati, vestiti di sacchi rossi e cappucci bianchi; la loro presenza è stata tuttavia vietata dal Vescovo di Trapani convinto che rievocassero sette e associazioni segrete. Per tutta la notte la processione si snoda tra le vie della vecchia Trapani fino alle Barracche, il quartiere dei pescatori. All'alba la processione, che durante la notte ha perso la gran parte dei fedeli, si ricompone, le bande ricominciano a suonare e i gruppi percorrono l'ultimo tratto fino all'arrivo in piazza Purgatorio. Il corteo si conclude con il rientro in chiesa dei Misteri e l'emozionante congedo dai fedeli dell'Addolorata.

Il sabato santo

A Terrasini Il Sabato Santo e la domenica di Pasqua si può assistere alla festa di li schietti o festa dell'albero durante la quale gli scapoli, appunto, si affrontano in una prova di abilità che consiste nel sollevare con un solo braccio un albero d'arancio amaro del peso di circa 50 chili al fine di dimostrare la propria virilità. È una festa che non trova riscontro in altri luoghi di Sicilia uno studioso locale, Cascio, ne individua l’essenza nella dendrolatria, il culto degli alberi, perché l’albero è il simbolo della vita, della fecondità, della resurrezione della vegetazione e perciò della sconfitta della morte. Nel susseguirsi immutabile delle stagioni, quindi, che gli antichi hanno simbolizzato nella morte e nella resurrezione del dio Attis, nelle cui feste si inscenava la processione dei portatori di canne e di pini, e nell’ira di Demetra che per il rapimento della figlia Kore rese infeconda la terra (l’inverno) e nel permesso accordato a Kore, per volontà di Giove, di tornare sulla terra per un terzo dell’anno (la primavera).
A Ferla si svolge la processione della Madonna do scontru, nella quale, rivestita da un manto nero la Vergine viene portata a spalla per tutto il paese alla ricerca del figlio risorto, u Gesummaria. Al rientro della processione ha inizio 'a sciaccariata: il Gesù risorto viene portato a spalla dai giovani del paese in una corsa gioiosa cui fanno da cornice una miriade di fiaccole (scioccare) accese.

La domenica di Pasqua

In Sicilia uno dei momenti più rappresentativi della Settimana Santa è l’incontro della Madonna con il Cristo risorto. Momento in cui è facile intravedere l’ultima fase di un lungo processo che porta al riequilibrio fra le forze della natura, venuto a mancare nel passaggio da una stagione all’altra, in cui è sembrato che la morte avesse il sopravvento, e alla riconciliazione degli uomini con se stessi. E non a caso la rappresentazione cui abbiamo accennato è chiamata, significativamente, “a paci” in molti paesi dell’Isola. Cambia il paese o la città ma la rappresentazione, almeno nei suoi tratti essenziali, è la stessa:

Il venerdì la Madonna si mette in cerca del figlio che sa in mano ai giudei, gira per le vie del paese, bussa di porta in porta, chiede a questo e a quello, ma nessuno sa risponderle; strada facendo si imbatte dapprima in una donna che, seduta alla porta di casa, è intenta a pettinarsi le lunghe trecce; e le chiede: «Buona donna, avete visto per caso mio figlio?», ma quella la licenzia senza neanche rispondere allora la Madonna maledice la sua vanità: «Mmaliritta chidda trizza ca ri vènniri si ntrizza!»; cammina cammina e la Madonna si imbatte nuovamente in una donna tutta affaccendata ad impastare il pane, la Madonna si ferma e le chiede: «Buona donna, avete visto per caso mio figlio?», la donna esita un istante, guarda il viso sconvolto della Madonna e, partecipe di quel dolore, le risponde: «Non l’ho visto. Ma posso aiutarvi a cercarlo» e abbandonato il pane si incammina con la Madonna. La Madonna benedice allora la sua carità: «Biniritta chidda pasta ca ri vènniri s’impasta!». A sera, la Madonna e la donna caritatevole, stanche e scorate, tornano sui loro passi e trovano che la vanitosa ha ancora il suo daffare con le trecce che non riesce a sciogliere mentre il pane è già lievito per essere infornato. Ed è per questo che un tempo le donne non si pettinavano mai di venerdì. È domenica e Gesù è risorto. L’unica persona a non saperlo è proprio la Madonna che ancora in gramaglie continua a cercarlo. Anche il Cristo intanto si mette in cerca della madre. Vanno per strade diverse e senza mai incontrarsi. Solo a mezzogiorno in punto i due simulacri, portati a spalla e fra ali di folla ansiosa, giungono in piazza.
Ormai si fronteggiano. La Madonna non crede, non può credere ai suoi occhi: il figlio è veramente risorto. Anche il Cristo esita: quasi voglia dare alla madre il tempo di riprendersi dallo stupore. Poi... madre e figlio si lanciano l’una verso l’altro e un lungo abbraccio suggella l’incontro. A questo punto la Madonna lascia cadere il manto e di sotto a quel nero manto due colombe bianche volano verso il cielo mentre le campane suonano a distesa ad annunciare la “pace”.
(Rizza)

A San Biagio Platani il tradizionale incontru avviene nel viale principale addobbato dalle varie confraternite il sabato notte con strutture costruite con canne, salice, asparagi, alloro, rosmarino, cereali, datteri e pane
A Caltanissetta dopo un giorno di lutto per la morte di Gesù, le celebrazioni si concludono con la processione della Resurrezione: i componenti della Real Maestranza si recano al Seminario Vescovile accompagnati da una banda. Qui il vescovo passa in rassegna le maestranze e prosegue con il corteo verso la Cattedrale, dove, dopo la solenne messa di mezzogiorno, il Capitano riconsegna le chiavi della città al sindaco.
Ad Adrano ogni anno da 250 anni, la mattina di Pasqua si rinnova la tradizione della Diavolata o "I diavulazzi di Pasqua", chiaro esempio di commistione tra elementi pagani e cristiani. Rimasta intatta nel tempo, e per questo unica nel suo genere, la messa in scena si ispira al testo "La Resurrezione", scritto nel 1752 dal poeta locale Don Anseimo Laudani. Sul palcoscenico posto davanti al colonnato della Chiesa Madre viene allestita la scenografia che rappresenta una selva infernale con al centro un volto diabolico e un sepolcro vuoto. I diavoli cercano di convincere l'umanità a restare dannata poiché il cadavere di Gesù Cristo, che è risorto, non è più nel sepolcro, ma interviene l'Arcangelo Michele a sconfiggere definitivamente Lucifero.
A Caltagirone Il giorno di Pasqua è il giorno della Giunta: un'enorme raffigurazione di San Pietro alta 3 metri giunge in piazza Municipio dall'omonima chiesa, per andare incontro a Gesù risorto e darne l'annuncio alla madre Maria. In un centro storico gremito, le tre figure attraversano le strade fino ad arrivare in piazza Marconi.
Anche ad Aidone si svolge in piazza Cordova la tradizionale Giunta, ovvero il festoso incontro tra Cristo risorto e la Madre, annunciato e propiziato dai Santoni, i quali con saltelli e movimentate corse esprimono la loro gioia. La Giunta si conclude con una gremita processione dei fedeli.
A Prizzi la Settimana Santa si conclude la domenica della resurrezione con la tradizionale Festa del Ballo dei Diavoli. Per l'occasione, un gruppo di figuranti mascherati da diavoli, accompagnati dalla Morte, importunano i passanti e tentano di impedire l'incontro fra la statua del Cristo risorto e la Madonna. Durante gli incontri vengono distribuite le cannatedde, tipico dolce di pasta frolla e uovo sodo.
A Comiso si festeggia ‘A Paci: la domenica, 'a sciuta (l'uscita) dalla chiesa dei simulacri di Gesù risorto e della Madonna Maria Santissima Annunziata, che a più riprese si incontrano e si allontanano fra gli osanna della folla, le "paci", che si ripetono davanti ad ogni chiesa (la più attesa ha luogo davanti alla Chiesa Santa Maria delle Stelle). A notte alta, l'ultima "pace" in piazza Fonte Diana e un grandioso fuoco d'artificio.
A Modica abbiamo l'antichissima Festa della Madonna Vasa Vasa (bacia bacia) risale almeno al 1645 e si svolge la mattina di Pasqua. Il simulacro della Madonna, avvolto nel mantello nero del lutto, parte dalla Chiesa di Santa Maria di Betlemme, mentre quello di Cristo risorto dalla Chiesa di San Pietro. Le due statue si muovono l'una verso l'altra lungo un affollatissimo Corso Umberto; alle 12:00 in punto, la Madonna, che ha appena scorto in lontananza Gesù, lascia cadere il manto che la ricopre e nella sua sgargiante veste azzurra e rossa corre a baciare sul petto il figlio, mentre vengono liberate in volo le colombe bianche nascoste nel basamento del suo simulacro. La scena risulta molto realistica grazie alla particolarità del simulacro di Maria: si tratta di una marionetta senza fili animata dal basso, capace di muovere le braccia e di chinarsi per baciare il figlio risorto. La processione riprende con le due statue insieme e si conclude nella Chiesa di Santa Maria di Betlemme, dove la Madonna ripete il bacio e la benedizione al figlio e alla città.
A Scicli si celebra una festa resa nota da una canzone di Vinicio Capossela: la festa dell’uomo vivo (cioè del Cristo Risorto), e chiamato affettuosamente "Gioia". La statua lignea del Cristo, custodita nella Chiesa di Santa Maria La Nova, viene portata in processione per le vie della città e fatta ondeggiare e ballare sino a tarda ora. Unico nel suo genere è lo spettacolo dei fedeli prima che la statua esca dalla chiesa: animati da un profondo senso della partecipazione, si scatenano per più di un'ora in un rito dalle caratteristiche orgiastiche, sollevando ripetutamente la statua al grido di "Gioia! Gioia! Gioia!".

Il Martedì successivo alla Pasquetta, a Sutera, si celebra il Pasquone: si ricorda la traslazione delle sacre reliquie di San l'iiolino e di Sant'Onofrio (altro compatrono), oggi custodite all’interno di li santi casti, due urne di pregiatissima fattura. I ReIiquiari e le statue vengono portati in processione con le tre confraternite del Santissimo Sacramento (bianchi), dello Spirito santo (rossi) e di Maria Santissima degli Agonizzanti (verdi) dalla maestosa rocca, sulla cui sommità sorge il Santuario di San Paolino (1366), verso la Chiesa di Sant'Agata, da dove poi ritorneranno al santuario la domenica successiva.

Una nota a parte meritano i festeggiamenti tra le comunità di origine albanese
A Mezzojuso Le celebrazioni pasquali della comunità arbèreshe (albanesi insediatasi in Sicilia nel XV secolo a seguito dell'invasione turca della penisola balcanica) seguono il rito greco-bizantino e prendono il via il venerdì precedente la Settimana Santa, detto "Venerdì di Lazzaro". A tarda sera, un coro percorre le vie del paese eseguendo in lingua albanese il canto O mire mbrèma (O buona sera), che annunzia la resurrezione di Lazzaro. Le funzioni religiose iniziano però la Domenica delle Palme con la caratteristica processione fino alle due chiese della piazza principale per la benedizione delle palme. La sera del Giovedì Santo, le confraternite con i tipici abiti aprono la processione dell'Addolorata seguita dai fedeli di rito latino. Il Venerdì Santo, i fedeli di rito greco-bizantino portano in processione l'urna con il Cristo morto, mentre i cori cantano in greco elogi e lamentazioni. La domenica di Pasqua, un folto gruppo di fedeli annunzia la resurrezione del Signore cantando in greco l'inno del Kristòs onèsti (Cristo è risorto). Al termine della funzione religiosa vengono distribuite le uova rosse, simbolo di nuova vita e di divinità.
A Piana degli Albanesi Le celebrazioni di rito greco-bizantino, in cui vengono utilizzate sia la lingua greca sia la lingua albanese, prendono il via il venerdì precedente la Settimana Santa, quando si commemora la resurrezione di Lazzaro con il Projasmena (messa dei pre-santificati) e il Canto di Lazzaro. Particolarmente è la celebrazione della Domenica delle Palme, con la tradizionale cavalcata dell'asino da parte del vescovo e la benedizione delle palme e dei rami d'ulivo. Il Giovedì Santo si celebra la lavanda dei piedi durante la quale un sacerdote, che impersona San Pietro, viene lavato interamente dal vescovo, mentre il venerdì è il giorno della processione e dei canti evangelici che narrano la passione di Cristo. Dopo i battesimi per immersione, in programma il sabato, la Settimana Santa si conclude con il solenne pontificale di Pasqua (Pashkèt) con uno splendido corteo di donne in sontuosi costumi tradizionali che raggiunge la Cattedrale e il canto della resurrezione del Kristòs onèsti (Cristo è risorto).
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