Gastronomie di Sicilia
La gastronomia tipica siciliana è un vero e proprio abaco delle condizioni sociali, economiche e politiche della propria terra. Provare a raggruppare le ricette è già un esercizio sociologico. Si individuano almeno 5 grandi raggruppamenti in cui collocare le varie ricette: la cucina nobile, la cucina tradizionale, la cucina popolare "immaginativa", la cucina rituale, la cucina di strada.
La società siciliana è sempre stata caratterizzata da grosse disparità sociali (Villari e Sonnino nell'800 parlano di condizioni pari a quelle dell'età feudale): ad una piccola elite di grandi feudatari faceva da contraltare una enorme fascia di popolazione semi-analfabeta. Così se da un lato venivano invitati i migliori chef di Parigi per imbandire le tavole palermitane, lasciandoci in eredità ricette importanti come il falsomagro, dall'altra il popolo, non potendo permettersi di acquistare la carne, restava fedele all'uso di verdure tradizionali come le melanzane e i carciofi. Alle verdure magari si aggiungevano per assicurare più sapore anche uva passa, capperi, finocchio, erbette, semi, aglio e altre delizie di campi e boschi, l'unico limite è la fantasia.
Il massimo dell'inventiva però lo si ottiene quando si vuole imitare la cucina dei Monsù con gli elementi poveri della tradizione siciliana: ecco quindi la cucina immaginativa di cui le sarde a beccafico sono un esempio eclatante.
La cucina rituale è invece quella gastronomia legata alla religione (non necessariamente cattolica), alle festività o alle credenze popolari. Si può rimanere allibiti, per esempio, leggendo della profonda ritualità insita nel macco di fave.
Per ultima, ma non ultima, la cucina di strada che con le panelle e le arancine ha fatto conoscere la gastronomia siciliana in tutto il mondo.
Da questa pagina potete cominciare ad esplorare l'enorme mondo della cucina siciliana.
Buon appetito!
La società siciliana è sempre stata caratterizzata da grosse disparità sociali (Villari e Sonnino nell'800 parlano di condizioni pari a quelle dell'età feudale): ad una piccola elite di grandi feudatari faceva da contraltare una enorme fascia di popolazione semi-analfabeta. Così se da un lato venivano invitati i migliori chef di Parigi per imbandire le tavole palermitane, lasciandoci in eredità ricette importanti come il falsomagro, dall'altra il popolo, non potendo permettersi di acquistare la carne, restava fedele all'uso di verdure tradizionali come le melanzane e i carciofi. Alle verdure magari si aggiungevano per assicurare più sapore anche uva passa, capperi, finocchio, erbette, semi, aglio e altre delizie di campi e boschi, l'unico limite è la fantasia.
Il massimo dell'inventiva però lo si ottiene quando si vuole imitare la cucina dei Monsù con gli elementi poveri della tradizione siciliana: ecco quindi la cucina immaginativa di cui le sarde a beccafico sono un esempio eclatante.
La cucina rituale è invece quella gastronomia legata alla religione (non necessariamente cattolica), alle festività o alle credenze popolari. Si può rimanere allibiti, per esempio, leggendo della profonda ritualità insita nel macco di fave.
Per ultima, ma non ultima, la cucina di strada che con le panelle e le arancine ha fatto conoscere la gastronomia siciliana in tutto il mondo.
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Buon appetito!
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